Alika, tante storie insieme
Analizziamo questo sconvolgente fatto di cronaca, al di là di facili parole.
C’è da ammirare e prendere ad esempio le storie come quelle di Alika, un vero uomo, che ha affrontato le avversità della vita con il lavoro. Insieme a Charity aveva costruito una famiglia, insieme amavano il loro piccolo Emmanuel.
Un epilogo tragico, picchiato a morte senza motivo da un criminale che se l’è presa con uno più debole, mansueto e afflitto da zoppia.
Un brutale omicidio, compiuto dall’operaio 32 enne Filippo Claudio Giuseppe Ferlazzo, in pieno centro a Civitanova Marche, che ha scatenato polemiche politiche, culturali e civiche. Ma anche tanta solidarietà.
Analizziamo tutto da un punto di vista “ribelle”.
LA MOGLIE CHARITY RACCONTA LA SUA STORIA
“Mio marito era nato a Benin City, in Nigeria. Dieci anni fa era venuto in Italia per cercare lavoro. Io sono arrivata un anno più tardi, ci siamo conosciuti qui. Ci siamo sposati e siamo diventati genitori.
Ogni giorno usciva con la borsa carica di accendini e fazzoletti da offrire ai passanti in cambio di pochi euro. Una sera è stato investito da un ubriaco mentre tornava a casa. Ha riportato una lesione permanente al nervo del polpaccio.
Per camminare doveva usare una stampella, ma ha continuato a lavorare. Non avrebbe mai rinunciato al contatto con le persone. Offriva accendini in cambio di qualche moneta, di un sorriso.
Proprio l’altro giorno gli avevano rinnovato il permesso di soggiorno come lavoratore del commercio ambulante. Era così felice. Voglio guardare quell’uomo negli occhi e chiedergli perché l’ha fatto. Perché ha ucciso mio marito?”
«Voglio guardare in faccia questo uomo e chiedergli perché ha ucciso un padre di famiglia», Venerdì ha baciato per l’ultima volta Alika alla stazione di San Severino Marche, dove lei lavora come addetta alle pulizie. «Gli ho dato una brioche, l’ho salutato e non l’ho visto più vivo. Quando sono arrivata a Civitanova era per terra. Abbiamo un bambino di 8 anni, non si rende ancora conto di ciò che è successo».
RAZZISMO E INTOLLERANZA?
I commenti sui social evidenziano che molti vedono in questo assassinio un episodio razzista, o quantomeno in cui l’intolleranza ha giocato un ruolo. Forse è vero, non sapremo mai cosa girava nella testa dell’aggressore. Ma molto spesso le ragioni per compiere tali gesti sono ben altre, e quelle politiche o culturali sono solo un alibi per la propria coscienza, una scusa per agire senza freni.
Qualcuno già paventa situazioni peggiori se alle prossime elezioni vincesse la destra. È un omicidio razzista, e l’Italia un Paese abitato da persone indifferenti ed egoiste? Qualcun altro argomenta che sarebbe stata la cultura ostile verso la diversità, costruita dalla destra politica, ad aver generato questi “mostri”.
Ma a me pare che i mostri se la prendono anche con i propri simili. La cronaca è piena di episodi in cui le vittime sono italiani, giovani, anziani, di tutti i tipi.
È vero che i temi della lotta all’immigrazione (clandestina), nei bassifondi della politica anche con toni razzisti, ha accresciuto nei cittadini più ignoranti e rabbiosi atteggiamenti di avversione. Ma dovremmo ammettere che i mostri sono creati anche da coloro, tra gli immigrati, che vengono in Italia per spacciare, cazzeggiare e fare risse, schiavizzare le donne grazie a minacce, alla stregoneria, ad una violenza crudele, diretta anche verso i parenti rimasti in patria.
I mostri sono creati anche da chi giustifica tutto in nome della solidarietà e dalla comprensione, se a commettere un fatto criminoso è un povero, un disoccupato, un immigrato, una persona affetta da una vasta gamma di problemi. E attenzione, non parliamo di chiedere attenuanti, ma di un atteggiamento giustificazionista, come se la causa del crimine fosse prevalentemente la società.
Il fenomeno della generazione della violenza è molto complesso. Di questi giorni è la notizia che un video trap su Lanciano sia stato rimosso dalla Digos, perché incitava alla violenza gratuita, alle armi e alla droga.
A tal proposito, parlo da appassionato di sport da combattimento, spero che qualcuno guardi bene il video del pestaggio, per capire se l’aggressore ha utilizzato tecniche marziali. In tal caso facciamoci due domande su come poter fare in modo che tali tecniche vengano insegnate solo a persone che ci stanno col cervello.
TUTTI SOLIDALI
Vorrei sottolineare come la politica si sia unita. Dal Messaggero: «È una giornata terribile per la violenza inaudita e per l’indifferenza. Spero che questo episodio ci faccia cambiare tutti», afferma il segretario del Pd Enrico Letta. Per Matteo Salvini «non si può morire così. Una preghiera per Alika e per l’assassino pena certa fino in fondo. Città allo sbando, violenze di giorno e di notte: la sicurezza non ha colore, deve essere un diritto». Antonio Tajani di Forza Italia, è vicino alla famiglia per un «evento estraneo alla natura di Civitanova Marche, da sempre una città aperta, pacifica e accogliente». La Regione Marche, guidata da Francesco Acquaroli di Fratelli d’Italia, si costituirà parte civile”.
LE ISTITUZIONI SONO STATE ASSENTI?
Il posto per Ferlazzo è la galera, possibilmente a vita; ma visto che il suo avvocato ha già chiesto la perizia psichiatrica, poiché l’accusato era sottoposto alla vigilanza di un amministratore di sostegno (la madre), vorrei chiedere che si indagasse. I servizi sociali e la magistratura si sono preoccupati abbastanza? È stato fatto il necessario? Se così non fosse, qualcuno pagherà? Se lo domanda anche il legale della famiglia della vittima.
Oggi il suo datore di lavoro ha raccontato di un uomo instabile, che il giorno prima di questo episodio aveva reagito violentemente ad un rimprovero, e per questo era stato allontanato dal suo posto. “Ora capisco che ho rischiato anche io”, ha dichiarato.
Ferlazzo ha incontrato l’avvocata d’ufficio Roberta Bizzarri, la quale ha riferito le parole del suo assistito: «Sono invalido civile al 100%, ho problemi psichiatrici, mia madre Ursula ha tutti i documenti del Tribunale di Salerno, se li faccia mandare, mi hanno giudicato bipolare e border-line…». Alcune persone che lavorano in ambito sanitario – hanno parlato in condizioni di anonimato al Corriere della Sera – hanno detto che le diagnosi psichiatriche risalgono a quando l’uomo viveva a Salerno con i genitori: già in passato avrebbe avuto comportamenti aggressivi. Ad aprile si sarebbe sottoposto a due visite psichiatriche all’ospedale di Civitanova, dove viveva da qualche mese, lavorando come operaio in una fonderia.
I PASSANTI
Riguardo alla vicenda dei passanti che filmano invece di intervenire, non si può giustificare questo atteggiamento, che purtroppo è diventata un’abitudine, dai concerti, al sesso, alle risse.
Ma occorre comprensione, perché non tutti hanno il coraggio o i mezzi per intervenire, e non sempre è possibile. A volte ci si sente atterriti di fronte alla violenza, anche perché si rischia a propria volta di subirla. Si consideri che in molti hanno chiamato la polizia, e sono stati proprio i filmati (seppur con qualche uso improprio) e le testimonianze, a permettere l’arresto del vigliacco.
È stata raccolta la dichiarazione di uno dei testimoni, che ci spiega i fatti dal suo punto di vista, e forse ci aiuta a capire un po’ meglio l’accaduto:
“Smettetela di dire che nessuno è intervenuto per salvare Alika, di accusarci di indifferenza, io c’ero mentre quell’energumeno lo uccideva, ho provato a fermarlo, non ci sono riuscito, però ho chiamato la polizia e l’ho fatto arrestare. Ero alla fermata dell’autobus, con le spalle al corso, non mi ero accorto di nulla, racconta a Repubblica, finché non ho sentito le urla disumane di Alika. Mi sono girato e ho visto Ferlazzo che lo massacrava a colpi di stampella.
Era impossibile dividerli, quel tipo era feroce. Gli gridavo: basta, lo ammazzi, mi sono avvicinato e con un calcio ho allontanato la stampella. Inutile, perché lo stava finendo a mani nude. Per poi alzarsi e andare via, e allora ho chiamato la polizia e, temendo che non sarebbero arrivati in tempo per arrestarlo, appena ho visto avvicinarsi la macchina, mi sono buttato in mezzo alla strada per fermarli”.
AIUTIAMO CHARITY
Intanto, insieme a tutta la solidarietà che è giunta dalla comunità nigeriana e da quella italiana, è stata lanciata una raccolta fondi. Questi sono i dati per donare (dal sito FanPage):
IBAN: IT85N0200869201000106469918
BANCA: Unicredit, filiale di Tolentino (MC)
FONTI: Il Messaggero, La Repubblica, Corriere della Sera, Fanpage