Pasqua quest’anno
L’agnello diventa Re
Ieri sera guardavo in TV, come sottofondo alla mia serata, il vecchio film “Il Re dei Re”.
Mi fanno un po’ sorridere i vecchi film, hanno un linguaggio antiquato, gli espedienti narrativi sono evidenti, le immagini così teatrali.. visto al giorno d’oggi tutto sembra in mano ad un bambino o al massimo ad un adolescente alla scuola di cinematografia.
È necessario riflettere da Cristiano, ogni anno, sulle nostre Feste, e un buon film classico aiuta non solo perché ricordo quando ero piccolo e cosa capivo di quelle scene, ma perché queste pellicole racchiudono una semplicità artistica che non può tornare più, aiutandomi a vedere i fatti con innocenza, mantenendo gli occhi del fanciullo e guardando le nuove consapevolezze di adulto.
Ritengo essere questa la migliore condizione per fare considerazioni sulle questioni più profonde.
QUESTO GIORNO
La Pasqua è il tempo in cui Dio si rende preda, del mite che soccombe all’aggressività, ma anche quello dell’agnello che si sfila dai chiodi e abbatte la croce.
Ci ricorda uno dei messaggi più veri del Cristianesimo, Dio non è un potente guerriero, la vittoria non vuol dire schiacciare i nemici, averne ragione per ottenere vittoria.
Dio si fa debole, carne tremula. Ad esempio risponde alla sfida del Diavolo, tramutare le pietre in pane, con la dialettica; sembra uno di quei momenti dove ci si sottrae con un trucco, per non dover ammettere impotenza: “Non di solo pane vive l’uomo” (sorrisetto). Mette in dubbio il destino disegnato del Dio Padre, come farebbe un figlio debole e immaturo, che nel momento decisivo molla e sembra non aver capito nulla: “Padre perché mi hai abbandonato” (porco giuda….).
La vera forza è vivere come agnelli in mezzo ai predatori, senza diventare come loro per sopravvivere. Ho fatto questo pensiero soprattutto riferito a coloro che vivono in situazioni difficili, in posti ad alto tasso di criminalità o insieme a persone violente. Ho sempre creduto che ci vuole più carattere ad affidarsi alla legge piuttosto che a premere un grilletto. È più arduo mantenere la voce bassa quando ti urlano addosso rispetto a cedere ad adottare la pratica della sopraffazione; più complicato tentare di comprendere gli altri che inculcare ciò che noi pensiamo.
Però essere mansueti non vuol dire subire, non cercare una forma di lotta, una via d’uscita se necessario. E questo ce lo dice Gesù stesso, quando gli Apostoli di dicono “ci mandi come pecore in mezzo si lupi” e lui confermando, consiglia di essere furbi come serpenti, eppoi un’altra cosa che non mi ricordo.
Ma ce lo ha dimostrato nei fatti, quando non si è limitato a trasformare l’acqua in vino o a guarire lo storpio, che per i mortali corrispondere a fare inclusione sociale con i disabili. Si oppone con parole dure ai potenti Sacerdoti del Tempio, e quando ivi si reca nel corso dell’ingresso a Gerusalemme, non esita a cacciare i mercanti di animali utilizzando una “sferza di cordicelle” e a rovesciare i tavoli dei cambiavalute.
Da sottolineare come si parli di attività economiche connesse al culto religioso, cioè di un mercimonio relativo allo svolgimento dei rituali e all’ingresso stesso al Tempio, e non a una generale ed evanescente lotta al denaro o agli affari.
Ma a proposito del confronto di Gesù con i Sacerdoti, non vi è stata sempre una contrapposizione. Il primo loro incontro infatti, avviene quando Rabbì aveva 12 anni, quando Egli fece perdere le sue tracce per 3 giorni (come nella Resurrezione) e fu ritrovato al cospetto dei Dottori “mentre li ascoltava e li interrogava”, come riporta il Vangelo di Luca.
Quindi il Figlio di Dio (come già avevano fatto prima di Lui Osiride e il Buddah) non andò per insegnare o far mostra del suo sapere, ma per conoscere le idee degli esperti di legge e fornire le sue risposte.
E su questa linea, le tragiche vicende che caratterizzano la Sua cattura e l’uccisione, hanno come caratteristica comune la calma. Nessuno scontro. Accetta il tradimento (o la collaborazione) di Giuda con una placida esortazione a compierlo. Predice e perdona la mancanza di coraggio dei Discepoli, dando modo ad essi di spargere il Verbo ed evitare l’oblio e altro spargimento di sangue. Riesce ad evitare l’unione tra i suoi seguaci e i rivoluzionari armati di Barabba.
Il Maestro utilizza il silenzio e poche parole misurate per contrastare le accuse ordite al fine di mandarlo a morte, e tanto basta sia per eludere la condanna dei Romani (maestri di legislazione), sia per far comprendere ai Farisei che non avevano argomenti per combatterlo, che era arrivata una svolta, e che per mantenere il loro potere bisognava soffocarla in tutti i modi.
EPILOGO
La storia ci dice che non ci fu nessuna rivolta vincente in Israele, il Tempio fu distrutto definitivamente da Vespasiano. Gli Ebrei si dispersero nel mondo, il loro Regno fu polverizzato e la loro Nazione ricostruita dopo quasi 2.000 anni, e solo in seguito ad uno dei più grandi e spietati genocidi della storia.
Gesù divenne un personaggio in assoluto tra i più influenti mai esistiti, eppure non si sa con certezza nemmeno se sia esistito. I suoi insegnamenti, che hanno dato origine alla Religione più grande del mondo e ad un filone Filosofico e Civico su cui si basa tutta la Civiltà Occidentale, non furono riportati in nessuno scritto, tranne forse poche parole o un disegno che fece in occasione del salvataggio dell’adultera dalla lapidazione, che nessuno dei presenti si prese la briga di leggere.
Di Lui, concretamente rimase solo un nome nella lista dei Crocefissi in quello che divenne poi e per sempre l’anno 33 per gran parte del mondo.
E a figure “deboli”, quali erano allora le donne, si affida nei momenti più importanti. Assistito da tre Marie, di cui una forse era una peccatrice o la sua fidanzata, durante il martirio finale; alle donne è riservata la testimonianza della sua Resurrezione.
Tre giorni di meditazione, per lui nella trascendenza suprema e per l’umanità in questa vita, per poi ricomparire.
E a quel punto non fa nulla, nessuna vendetta, nessuna maledizione, nessun riequilibrio del Karma. Solo parole di amore e di speranza per i discepoli. Senza più nemmeno un corpo fisico, nessuna prescrizione per lo sviluppo del suo pensiero, alcuna ispirazione per la nascita della dottrina o indicazioni almeno su come predicare. Disse solo: “Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”. Detto questo, emise un soffio, dicendo: “Ricevete lo Spirito Santo”. Basta, soffiò. Questo diede loro come “arma”.
Ma non intese conferire una ottimistica e facile opera, dove tutto sarebbe finito con un lieto fine privo di difficoltà o conflitti, ma a rimarcare la responsabilità nella vita vera e la gravità del loro compito, e la possibile pena riservata ai fratelli mortali, aggiunse: “A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati”.
Quella di Cristo dunque è a storia di una sconfitta affrontata con la pace: perseguitato torturato e ucciso a fianco di criminali comuni, che lo deridono al pari dei soldati e di una parte del popolo, mentre Lui è impegnato a perdonare tutti.
Dopo la conclusione della crudele pena, di Lui non rimase in piedi nemmeno una pietra, nemmeno un muro, quindi meno di quello che fu lasciato del Tempio Ebraico dai Romani.
Rimase solo la Fede, l’amore e la sua dolce forza senza scampo. Quella che ebbero i martiri nel farsi sbranare senza tentennare, che alla fine portò alla conquista di uno dei più grandi Imperi esistiti.
La Pasqua ci insegna che non c’è forza superiore a quella delle educate e moderate parole, dell’ascolto e del silenzio, non esiste coerenza più forte di quella aperta al cambiamento. Non esiste amore più vero di quello che può scomparire con semplici gesti.
L’amore è quella forza che però, con semplici gesti, disperde eserciti e fa svanire rocciose paure, conferisce speranza ed energia agli altri, e da il potere di comprendere e definire se stessi, per sempre.
Immagini da un Programma di Sky Arte
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